
Contro la demolizione degli edifici italiani a Bengasi | APPELLO
È di questi giorni la notizia dell’avvio di una vasta campagna di demolizioni che interessa alcuni dei più significativi edifici realizzati a Bengasi durante l’occupazione italiana della Cirenaica.
A partire dagli anni Venti del Novecento, il cosiddetto “quartiere italiano” si sviluppò inizialmente senza uno schema prestabilito a ridosso del nucleo arabo-ottomano, per poi crescere più razionalmente attorno a un asse principale su disegno degli architetti Alberto Alpago Novello, Ottavio Cabiati e Guido Ferrazza, incaricati dal 1928 della redazione del piano regolatore della città. Nella zona centrale dell’asse fu previsto il quartiere degli affari, dove trovavano collocazione uffici pubblici e privati, comandi militari, banche, alberghi, teatri. L’area avrebbe dovuto fungere da filtro e separazione fra i due quartieri residenziali, destinati rispettivamente agli indigeni e ai coloni italiani, secondo uno schema largamente applicato in altre città coloniali italiane. Tuttavia, la morfologia di Bengasi – caratterizzata dalla presenza di tre nuclei arabi ben distinti, ma senza un perimetro definito – impose ai progettisti italiani di adeguare lo schema alle condizioni del luogo, consentendo di fatto ai nuovi quartieri e alle singole architetture di svilupparsi più liberamente, e di fungere – in taluni casi – da naturale ampliamento dei centri indigeni. Una delle peculiarità del piano regolatore (revisionato dagli stessi progettisti nel 1936) fu infatti la ricucitura dei nuclei più antichi della città di origine araba e ottomana, dove si intervenne con diradamenti edilizi limitati, volti a migliorare la qualità dell’ambiente architettonico, per finalità di carattere economico, turistico e sociale. La critica dell’epoca accolse favorevolmente il piano di Bengasi, considerandolo una rara eccezione fra i piani coloniali europei, per il mantenimento del centro antico arabo (L. Piccinato, 1931), e per l’accuratezza dello studio e la ricchezza di “soluzioni felici” (C.E. Rava, 1938).
Oltre al disegno della nuova città, alcuni dei più noti architetti italiani del periodo ne progettano i principali edifici, spesso caratterizzati da inediti e peculiari linguaggi espressivi (frutto della contaminazione con l’architettura del luogo) e connotati da una accesa vocazione alla sperimentazione di tecnologie o materiali all’avanguardia.
A solo titolo esemplificativo si ricordano: il palazzo del Governatore della Cirenaica (ora Al-Manar Palace, 1928-1934) e la Cattedrale (1929-1935) progettati dagli stessi Alberto Alpago Novello, Ottavio Cabiati e Guido Ferrazza che – da solo – progettò l’edificio dell’Istituto La Salle (1928-1930) e la sede della Banca d’Italia (Banco di Roma, 1938). Alberto Alpago Novello, Ottavio Cabiati progettarono la Cassa di Risparmio della Cirenaica (1931-1934).
A Marcello Piacentini si deve invece il disegno del Grand Hotel Roma (poi Albergo Italia, dal 1912) del Nuovo municipio (1923-1925), del Teatro Berenice (con Luigi Piccinato, 1928-1932), il monumento ai Caduti alla punta della Giuliana (1912-1915) e l’Albergo Berenice (attribuzione).
Fino alla caduta del regime di Gheddafi (2011), lo schema ascrivibile alla pianificazione italiana era ancora chiaramente riconoscibile nel centro di Bengasi, e i numerosi edifici italiani si erano conservati pressoché inalterati nel corso dei decenni. Negli ultimi anni, la città è stata pesantemente colpita durante le due guerre civili subendo ingentissimi danni, che non hanno risparmiato gli edifici italiani.
Nonostante l’interessamento della società civile, e l’impegno di studiosi ed esperti locali e internazionali e dell’UNDP nei confronti di una ricostruzione della città che faccia perno su un progetto di conservazione e valorizzazione di queste importanti testimonianze dell’urbanistica e dell’architettura italiana del Novecento, in questi giorni giungono da Bengasi allarmanti notizie sull’avvio di una vasta campagna di demolizioni nel centro storico, che interesserà molti edifici italiani. Il Teatro Berenice, l’ex sede del Banco di Roma e la Cassa di Risparmio della Cirenaica sono stati tra le prime vittime di questa sciagurata campagna.
Con questo appello chiediamo che la comunità nazionale e internazionale si mobiliti per fermare le demolizioni e per avviare azioni concrete di salvaguardia del centro storico di Bengasi, costituito anche da edifici italiani, che nel tempo hanno consolidato la memoria e l’identità della città libica.
Carlotta Coccoli
Alberto Arenghi
Francesca Tanghetti
Università degli Studi di Brescia, 22 marzo 2023
>> Consulta il documento integrale: APPELLO BENGASI_NEW
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